
Presentazione del Libro “La Devozione di Turi” di Antonino Cicero
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Presentazione del Libro “La Devozione di Turi” di Antonino Cicero.
Durante la presentazione interverranno Camillo Scaduto, Giornalista e Rosalba Gallà, Docente.
L’autore
Antonino Cicero, giornalista e scrittore, già docente di materie giuridiche ed economiche, ha
collaborato con l’ateneo palermitano in qualità di cultore e ha curato testi e progetti (su tematiche
differenti, come i linguaggi dell’arte o la legalità) messi in scena anche in collaborazione con le
istituzioni scolastiche del comprensorio madonita. Autore ed editor per Edizioni Arianna, ha
conseguito premi e riconoscimenti nell’ambito di concorsi letterari nazionali e internazionali.
Antonino Cicero, giornalista e scrittore, già docente di materie giuridiche ed economiche, ha
collaborato con l’ateneo palermitano in qualità di cultore e ha curato testi e progetti (su tematiche
differenti, come i linguaggi dell’arte o la legalità) messi in scena anche in collaborazione con le
istituzioni scolastiche del comprensorio madonita. Autore ed editor per Edizioni Arianna, ha
conseguito premi e riconoscimenti nell’ambito di concorsi letterari nazionali e internazionali.
Il romanzo
La storia è ambientata, tra Cinque e Seicento, in una Sicilia arcaica e diseguale in cui si muovono
diversi personaggi attorno al protagonista Turi, figlio del mastro bottaio Cosimo Manca e della
mamma Angelina, senza i quali si ritroverà per affari andati a male, a causa dello zampino del
cugino causidico. Perduta la bottega, rimarranno solamente metà dell’abitazione privata e la sua
fedele scecca che lo accompagnerà nella sua nuova veste di contadino. Turi è chino sulla terra di
padre Vincenzo da Caltabellotta, il “parrino” che serba un mistero poi disvelato in appendice; è un
uomo semplice eppure timorato, con una forte e sincera devozione nei confronti della Madonna,
raffigurata in una grande tela oggetto di profonda venerazione da parte dell’intera popolazione. La
devozione mariana, in effetti, diventa uno dei leitmotiv che accompagnano il lettore, intrecciandosi
con quella per una Maria terrena, amata – a sua insaputa – da Turi che, proprio quando deciderà di
rivelarsi, sarà fermato da padre Vincenzo.
Maria è pigliata e andrà in sposa a un forestiero: da lì, nell’arco di un’intera notte, si srotolerà la
narrazione del romanzo breve con richiami a miracoli, leggende, proteste del popolo affamato, ladri
e assassini, fatti e circostanze realmente accaduti, pur rivisitati e rimaneggiati.
Proprio la leggenda della “truvatura”, riportata in alcune fonti, diventa elemento quasi risolutore (a
suo modo) dell’intreccio di vicende e di luoghi che consolideranno, come alla fine di un viaggio, la
devozione di Turi.
Nel libro, infatti, si mescolano superstizione, tradizione e religiosità popolare come spesso si è
abituati, nel nostro quotidiano, a osservare; ciò a dimostrazione che alcuni aspetti connaturati
nell’uomo – e declinati in maniera ancor più puntuale all’interno di una regione che è isola e regno
di cultura e di specificità – sono universali come tutto ciò che viene narrato. L’idea di fondo, infatti,
è quella di permettere al lettore di poter ritrovare, fatte le dovute distinzioni legate ai singoli luoghi,
richiami alla propria storia locale.
Il tentativo, da parte dell’autore, è stato quello di mettere insieme pezzi di storia andata e assegnare,
in maniera romanzata, una premessa o uno svolgimento, fornendo così contenuto a ciò che il
passato ha spesso trasferito con contorni sbiaditi o senza alcun possibile riferimento.
Tre capitoli, due intermezzi, un’appendice e la postfazione dello studioso di storia e tradizioni
siciliane, Giuseppe Oddo, con il corredo grafico di una riuscita illustrazione di copertina dell’artista
Marcella Brancaforte, costituiscono la struttura del libro edito dalla casa editrice indipendente di
Geraci Siculo, Edizioni Arianna.
La storia è ambientata, tra Cinque e Seicento, in una Sicilia arcaica e diseguale in cui si muovono
diversi personaggi attorno al protagonista Turi, figlio del mastro bottaio Cosimo Manca e della
mamma Angelina, senza i quali si ritroverà per affari andati a male, a causa dello zampino del
cugino causidico. Perduta la bottega, rimarranno solamente metà dell’abitazione privata e la sua
fedele scecca che lo accompagnerà nella sua nuova veste di contadino. Turi è chino sulla terra di
padre Vincenzo da Caltabellotta, il “parrino” che serba un mistero poi disvelato in appendice; è un
uomo semplice eppure timorato, con una forte e sincera devozione nei confronti della Madonna,
raffigurata in una grande tela oggetto di profonda venerazione da parte dell’intera popolazione. La
devozione mariana, in effetti, diventa uno dei leitmotiv che accompagnano il lettore, intrecciandosi
con quella per una Maria terrena, amata – a sua insaputa – da Turi che, proprio quando deciderà di
rivelarsi, sarà fermato da padre Vincenzo.
Maria è pigliata e andrà in sposa a un forestiero: da lì, nell’arco di un’intera notte, si srotolerà la
narrazione del romanzo breve con richiami a miracoli, leggende, proteste del popolo affamato, ladri
e assassini, fatti e circostanze realmente accaduti, pur rivisitati e rimaneggiati.
Proprio la leggenda della “truvatura”, riportata in alcune fonti, diventa elemento quasi risolutore (a
suo modo) dell’intreccio di vicende e di luoghi che consolideranno, come alla fine di un viaggio, la
devozione di Turi.
Nel libro, infatti, si mescolano superstizione, tradizione e religiosità popolare come spesso si è
abituati, nel nostro quotidiano, a osservare; ciò a dimostrazione che alcuni aspetti connaturati
nell’uomo – e declinati in maniera ancor più puntuale all’interno di una regione che è isola e regno
di cultura e di specificità – sono universali come tutto ciò che viene narrato. L’idea di fondo, infatti,
è quella di permettere al lettore di poter ritrovare, fatte le dovute distinzioni legate ai singoli luoghi,
richiami alla propria storia locale.
Il tentativo, da parte dell’autore, è stato quello di mettere insieme pezzi di storia andata e assegnare,
in maniera romanzata, una premessa o uno svolgimento, fornendo così contenuto a ciò che il
passato ha spesso trasferito con contorni sbiaditi o senza alcun possibile riferimento.
Tre capitoli, due intermezzi, un’appendice e la postfazione dello studioso di storia e tradizioni
siciliane, Giuseppe Oddo, con il corredo grafico di una riuscita illustrazione di copertina dell’artista
Marcella Brancaforte, costituiscono la struttura del libro edito dalla casa editrice indipendente di
Geraci Siculo, Edizioni Arianna.
Dalla quarta di copertina:
I titoli, spesso, sono come i bambini che si rincorrono per strada: l’uno richiama l’altro, in una
catena di rimandi che non sempre è facile trattenere. Questo libro ne ha abbozzato più di uno. Turi,
contadino, uomo semplice e parecchio timorato, si agita tra la devozione religiosa e il suo amore per
Maria, promessa in sposa a un forestiero. Accanto a loro ci sono taverne, bari e sacerdoti che
serbano misteri; c’è un tesoro – che è la truvatura di tante leggende e di tanti cunti: e allora, per
onesto che sia lo scopritore, il libro diventa “il tesoro degli onesti” – e ci sono storie umane
immerse in una narrazione che si snoda nell’arco di una sola notte. E quella “notte venne e cantò”,
mormorò e sospirò tra i miracoli e le rivolte della povera gente e dei soldati a difesa delle pance
piene. In quella notte, tra Cinque e Seicento, sullo sfondo di una società siciliana arcaica e
diseguale, Turi vide scorrere più accadimenti che in tutta la sua esistenza: e “gli incanti” furono
“mutevoli” al pari del vento che sfronda rami e certezze. Come in un cerchio che mette dentro
amore, superstizione e fede, convinzione e smarrimento, alla fine si torna al punto da cui si era
partiti; ma più ricchi di prima, come solo un viaggio riesce a fare.
catena di rimandi che non sempre è facile trattenere. Questo libro ne ha abbozzato più di uno. Turi,
contadino, uomo semplice e parecchio timorato, si agita tra la devozione religiosa e il suo amore per
Maria, promessa in sposa a un forestiero. Accanto a loro ci sono taverne, bari e sacerdoti che
serbano misteri; c’è un tesoro – che è la truvatura di tante leggende e di tanti cunti: e allora, per
onesto che sia lo scopritore, il libro diventa “il tesoro degli onesti” – e ci sono storie umane
immerse in una narrazione che si snoda nell’arco di una sola notte. E quella “notte venne e cantò”,
mormorò e sospirò tra i miracoli e le rivolte della povera gente e dei soldati a difesa delle pance
piene. In quella notte, tra Cinque e Seicento, sullo sfondo di una società siciliana arcaica e
diseguale, Turi vide scorrere più accadimenti che in tutta la sua esistenza: e “gli incanti” furono
“mutevoli” al pari del vento che sfronda rami e certezze. Come in un cerchio che mette dentro
amore, superstizione e fede, convinzione e smarrimento, alla fine si torna al punto da cui si era
partiti; ma più ricchi di prima, come solo un viaggio riesce a fare.